Vita di Gina Marpillero nel Novecento friulano

Carnica di Arta Terme, la scrittrice, infatti, ha molto a che fare con la Bassa. Qui ha trovato marito, il notaio Giacomo Zaina, di Porpetto. Qui è venuta ad abitare da sposa, nel 1939 e veniva chiamata la “paronzine”, essendo il notaio il “paròn”. Ha adottato la casa di Porpetto come se fosse la sua casa natale; l’ha amata, accudita, ha trasformato il gjalinâr in giardino. Ogni primavera partiva da Udine con la corriera della SGEA (la prima, della mattina presto) e veniva nella sua casa: l’apriva, le dava aria, la confortava dopo la lunga assenza invernale, accudiva ogni piccola pianta, usando le mani nude come fossero dei piccoli rastrelli. Alle cinque, accompagnata fino alle Crosere dal cane Roky, riprendeva la corriera e tornava a Udine. E così ogni giorno. E Roky aspettava che lei fosse salita sull’autobus prima di tornare a casa sua, da Turo Schiff.

Gina, come Joséphine Baker, aveva avuto veramente deux  amours, la sua vallata del But e la placida andatura del fiume Corno. Gli ultimi anni della sua vita li ha passati nella sua casa di Porpetto dove, fino alla fine, ha continuato a curare il giardino, anche se il rastrello era ormai diventato più un appoggio che uno strumento per raccogliere le foglie.

Con una mostra – quasi un racconto per parole e immagini – del percorso della “lunga vita di Gina Marpillero nel secolo breve”, il Comune di San Giorgio di Nogaro, in sintonia con i Comuni di Arta Terme e di Porpetto, rende omaggio alla scrittrice che ha vissuto in periodi successivi nei tre diversi paesi e che ha costituito un vero e proprio caso letterario, “facendo irruzione” sulla scena letteraria italiana alla soglia degli anni ’70, esordendo a settant’anni con il romanzo Essere di paese, pubblicato dalla casa editrice Mondadori, che le valse il premio “Risit d’aur” 1981 e la fece entrare negli annali della letteratura italiana del Novecento anche per aver fatto scoprire la provincia friulana – allora terra ancora appartata e marginale – al resto d’Italia.

L’operazione divulgativa è motivata anche dalla consapevolezza che Gina Marpillero rappresenta una delle ultime testimonianze di un mondo che sta sparendo. Quando anche l’ultima sua coetanea non ci sarà più, un mondo intero scomparirà ma resterà nelle parole che l’hanno descritto in maniera così viva. La mostra reca come titolo “Gina e il suo tempo” e questo è il senso dell’iniziativa: accompagnare le immagini personali della scrittrice con i documenti visivi del tempo da lei attraversato; le due grandi guerre del novecento, le trasformazioni del costume, la testimonianza della storia che in certo modo macina le vite delle persone, le incorpora, ma pure le arricchisce, prende ma anche dà. “Per questo – affermano i curatori Fabiano, Caterina Zaina e Ivana Battaglia – pensiamo che questa mostra abbia un significato che travalica la condizione personale di Gina per parlarci, certo con nostalgia ma mitigata dall’ironia dei testi, di questo aureo tempo passato”.

Voce narrante della mostra è la stessa scrittrice GINA MARPILLERO che svolge in prima persona e a “flash” il racconto – arguto e ironico – dello snodarsi della propria esistenza da “quando avevo un anno” all’ultimo riconoscersi – quasi centenaria – in “quella bambina di cui ho sempre nostalgia

Attorno a Gina si snoda il suo “mondo piccolo” di paesaggi, volti, storie (la sua storia personale e la storia con la “esse” maiuscola), guerre, terremoti, il mondo che cambia, incontri: 90 anni vissuti con affettuosa partecipazione, sempre filtrata da un velo (bonario) di malinconia.